SILVIA MANDOLINI

Istantanea presenta [de]code | Silvia Mandolini.
Come un grido nella notte, che strappa il cielo d’improvvisa luce, la voce del violino rapisce l’ascoltatore, che segue il suono come lo sguardo segue una inaspettata scia luminosa, conturbante, che graffia il buio.
Un violino, solo, come il canto a cappella dell’uccello notturno, così seduce e costruisce il discorso musicale, rispecchiando il suo eco fra le mura dove il suono riflette.

Come intuisce Prévert, i muri tranquillamente crollano e l’inchiostro ritorna acqua, la penna ridiventa uccello. 
E’ proprio il suono il filo conduttore, involucro del pensiero dei creatori. 
Da una riva all’altra dell’oceano, fra Montreal e Bologna, con uno scalo in Francia, il programma musicale riunisce stili e linguaggi, dal serialismo del secolo scorso di Jean Barraqué al postmodernismo fin de siècle di Jean Lesage, proseguendo navigando, ondeggiando sulle oniriche pagine dal linguaggio modale di Serge Arcuri, approdando alla storica e monumentale Sequenza VIII di Luciano Berio, radicata come una ciaccona, soffermandosi su Bach, quale chiave di volta.

Il paysage choisi d’emozioni e stati d’animo sprigionano dal suo bouquet le personalità, forti e profonde, dei creatori della nostra città, Bologna, fra le espressive ed espressioniste atmosfere di Roberto Cima e le note dai ricami di fragilità ed intimità di Serena Teatini. 

Come dall’argilla il gesto musicale si modella d’essenziale e d’effimero, di immanenza e di istanti, di vulnerabilità e silenzi, fra crini e corde, legno e sospiri: que l’humble présent soit doux, che sia dolce, scrive Verlaine, il dono, offerta musicale dell’interprete all’ascoltatore.

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